Abitudini originali

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Abitudini originali

“Good morning, Sir”. All”angolo fra Leadenhall Street e Lime Street, un usciere da il benvenuto davanti all”edificio dei Lloyds. Si china lievemente, apre la portiera della Bentley nera e sorride cerimonioso, dietro ad un paio di grandi baffi biondi. Sembra uscito da un ritratto vittoriano, con il bel volto austero ed il cilindro nero bordato d”oro. Solo che dietro di lui s”innalzano adesso le imponenti strutture di quel tempio ipertecnologico che dal 1986 è il nuovo quartier generale della prestigiosa Borsa degli assicuratori. Passato contro futuro? No, troppo semplice. A Londra queste categorie non hanno lo stesso valore che altrove. Certo, il presente è la stratificazione di tanti passati, ma qui è come se il pasato avesse il diritto di prolungarsi nel presente, manifestandosi attraverso consuetudini, comportamenti, modi di dire e di fare, attraverso il celebrato way of life britannico.

A Mayfair, a Belgravia, in buona parte di Kensington e Pimlico, i segni della nobiltà e dell”alta borghesia sembrano ripetersi sempre uguali, appena scalfiti dagli aggiornamenti dettati dal tempo che passa. Le Rolls Royce, le Jaguar, ora anche le Bmw e le Mercedes, scivolano soffici lungo strade alberate, costeggiano piazzette e giardini silenziosi, per fermarsi davanti a belle case edoerdiane o vittoriane. E” la facciata, elegante e severa, di un mondo che continua a vivere immerso nella sua privacy. Nessuna ostentazione.

A qualche miglio più a nord, a Camden Town, lo scenario cambia. Qui si vedono i resti della Londra davvero “alternativa”, non la swinging London inventata dai pubblicitari. Ma la grande trasgressione degli anni Sessanta, paradossalmente, è diventata anch”essa tradizione. Tutto come allora, congelato nel tempo e ormai instituzionalizzato, con quei santuari del rock che sono il “Dingwall”s” e il “Town & Country”, con i negozi di macrobiotica e di tessuti indiani, i pubs frequentati dalla sinistra, le rivendite di abiti usati ed i negozietti dove si trovano i dischi delle indies, le piccole etichette discografiche fuori dal giro commerciale. Tutto immobile, capelli lunghi e blue jeans, struggente e un pò anacronistico come le divise degli usceri dei Lloyds o le parrucche degli avvocati di Middle Temple.

La fuga dalle convenzioni sta ormai di casa altrove. Forse nelle periferie sud, dove gli ultimi punk predicano ancora violenza e no future come facevano i Sex Pistols nel 1978. O forse nei vecchi magazzini abbandonati dove gruppi di adolescenti di ogi si riuniscono la notte per officiare i loro acid parties, facendosi schizzare il cervello con le pillole di ecstacy. Londra è un grande enigma. E” fatta di molte vetrine e di un numero ancora maggiore di retrobotteghe. E” fatta di cattedrali, di monumenti, di palazzi che non sono mai diventati musei semplicemente perchè alloro interno continua a svolgersi la vita del presente. Capita di guardarla di notte, dal ponte di Westminster, e immaginarsi il Big Ben come un faro luminoso in mezzo a un”incomprensibile galassia che si allarga a perdita d”occhio. I viali, i grandi parchi, le ampie forme disegnate da Christopher Wren e John Nash scandiscono una sequenza di quartieri dove otto milioni di persone vivono ignorandosi a vicend, chiusi ciascuno nel proprio microcosmo. Non si può nemmeno chiamarla città. Semmai megalopoli, o conurbazione: un mosaico di villaggi originariamente autonomi che la rivoluzione industriale ha gonfiato a dismisura, cancellandone i confini siano a farli penetrare uno nell”altro.

Ai cockneys di Bermondsey il West End appare così lontano, per cultura più che per geografia, da sembrare irraggiungibile. E visto dall”aristocratica collina di Hampstead, l”East End è ancora la terra inaccessibile e disperata descritta da Charles Dickens o da Friedrich Engels, il “continente nero” della miseria e del gin, delle malattie e dei vicoli nebbiosi dove Jack lo squartatore cercava le sue vittime. Dopo tutto, Londra non ha neanche un centro che tutti possano riconoscere come tale. Per i pendolari delle sterminate periferie il polo di gravità sono le stazioni di Victoria o Paddington, di Waterloo o King”s Cross, dove arrivano ogni giorno dopo ore di treno o metropolitana. Per gli stranieri va bene qualsiasi cosa, purchè a nord del Tamigi, nel mondo della politica o degli affari, dei soldi o del divertimento. E a sud del Tamigi il nulla.

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