U.s.a. – Utah

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U.s.a. - Utah

Proveniamo dal Colorado, che abbiamo apprezzato per le sue stazioni turistiche di Vail e Aspen. La Interstate 70 corre diritta in un ambiente desertico immenso. Il traffico è inesistente, e la presenza umana quasi del tutto assente. Abbiamo abbandonato il fiume Colorado, ma che ritroveremo più avanti.
Dopo il confine con lo Utah, percorse circa 30 miglia, facciamo una deviazione sulla statale 128 che in 65 chilometri ci porta a Moab. La strada per il primo tratto non è niente di che, ma poi entra nel Canyon formato dal Colorado River e diventa veramente spettacolare. Ad ogni curva bisognerebbe fermarsi e fare una fotografia. Il fiume qui scorre calmo e pacifico tra altissime pareti di roccia. Questa strada è assolutamente da non perdere. Alle 14 arriviamo a Moab e prendiamo alloggio al Confort Suites, che si trova nella periferia sud della cittadina. Pulito, camere grandi, molto confortevole, il tutto per 89$. Alle 17 usciamo dall”albergo e ci dirigiamo verso l”Arches Park che si trova a 3 chilometri a nord del paese. Il consiglio, infatti, è di visitare il parco o la mattina presto o la sera, vuoi per il caldo soffocante, nonostante ci troviamo a 2000 metri sul livello del mare, vuoi per i colori, che in altri orari sarebbero molto “piatti”. Pagato l”ingresso (10$ per la sola macchina) si inizia subito a salire con rapidi tornanti. Prima fermata al sito "Park Avenue" ed è il primo di vari spettacoli, forse il più bello. Da una piazzola si gode una vista fantastica su di un piccolo canyon, i cui lati sono formati da altissime pareti di roccia rossa, le cui cime sono "frastagliate": sembrano tanti grattacieli. Si può seguire un facile sentiero che segue tutto il Canyon, ma giunti dall”altra parte ci deve essere qualcuno che vi raccoglie. Quindi qualcuno si deve sacrificare. Nel nostro gruppo non si è sacrificato nessuno …. quindi noi abbiamo fatto un pezzo di sentiero e poi siamo tornati indietro, e così abbiamo fatto dall’altra parte: ci manca soltanto la parte centrale. La visita prosegue per altre due ore: stupendo. Lasciamo ogni tanto la macchina per fare qualche passeggiata di "avvicinamento" agli archi di pietra che sono veramente impressionanti. Le fermate principali sono alle “Windows”: una passeggiata che consente di raggiungere alcuni archi naturali giganteschi. Poi il “Delicate Arches”: ci sono due modi per vederlo, uno richiede buone gambe, ma raggiunto il punto di osservazione la vista sull’arco ripaga di ogni sforzo. L’altro invece è facile e richiede pochi minuti di salita: la vista non è altrettanto spettacolare, perché l’arco rimane un po’ lontano e in alto, ma è comunque una “bella vista”. Poi ancora i “Devils Garden” che si trovano proprio alla fine del parco, anch’essi splendidi. L”Arches Park non è molto conosciuto dagli Europei, ma vale veramente la pena visitarlo. E” rimasto nella mia memoria come qualcosa di assolutamente imperdibile. Per cena scegliamo un ristorante a 5 miglia a sud di Moab, sulla sinistra, che ha per simbolo un minatore: bistecche gigantesche, patatone e birra: tutto ottimo ed in classico stile western.
3 agosto
Partenza alle 8,30 con destinazione la Monument Valley. La strada n. 191 attraversa alcuni paesini piccoli ma molto carini. In particolar modo ci è piaciuto Blanding: abbiamo visto in giro solo indiani anziani, pochissimi negozietti di cose indiane e nient”altro. Poco dopo Blanding prendiamo la strada 95 che abbandoniamo dopo circa 30 miglia per piegare sulla 261. Questa deviazione non ha in sè molto da dire, il paesaggio è sì arido, desertico, ma è uguale a quello fin qui già visto. Ma è quello che incontriamo alla fine che ci ripaga di qualche chilometro in più, il motivo per cui consiglio a tutti di fare la deviazione. Quando la 261 sta per immettersi sulla 163, godiamo di uno spettacolo veramente fantastico: il Moki Dugway. Un cartello ci avvisa che la strada diventa sterrata per i successivi 5 chilometri e scende a capofitto. Ma non dice che alla prima curva a sinistra bisogna fermarsi, scendere dalla macchina, compiere pochi metri per rischiare di schiantarsi dopo un volo di oltre 300 metri nel vuoto. Fantastico, non ci sono altri aggettivi: provare per credere! E’ qualcosa che da noi non esiste e le sensazioni che si provano sono indescrivibili. Perché non è soltanto il vuoto, l’altezza, è che quello che si vede è deserto per chilometri, e solo in fondo si intravedono le montagne che ci condurranno alla Monument Valley. Alle 14 arriviamo alla Monument Valley e l”approccio è subito da film western. La strada corre diritta per chilometri verso i monoliti…. Invece di girare a sinistra per il Visitor Center, giriamo a destra per arrivare al Gouldings Trading Post Hotel, dove abbiamo prenotato le camere. Dal balcone si gode di una vista spettacolare sulla Monument. Il sito ha una storia più che centenaria: qui c’era infatti la stazione di posta per il cambio dei cavalli. Naturalmente gli americani hanno creato qui il loro piccolo museo. L’ombra di John Wayne aleggia su tutto … nel negozio di souvenir (gestito da indiani Navajo, come del resto l’albergo e il parco) il Duca, come era soprannominato, è rappresentato su qualunque ninnolo. Gli appassionati del genere qui troveranno la serie completa dei film western che lo avevano come protagonista, e ci sono anche le cassette VHS in formato PAL. Non ci muoviamo fino alle 17. Prendiamo la macchina e ci avviciniamo al Visitor Center, che si trova a 4 chilometri dall’albergo. Lungo la strada ci sono alcune baracche di indiani che vendono monili da loro stessi fabbricati: alcuni sono orrendi ma altri sono carini ed hanno il pregio di non costare molto. Al Visitor Center paghiamo il solito obolo e ci fermiamo alla terrazza, perché da qui si gode già di un panorama fantastico. La visita si compie a bordo della vostra autovettura oppure su mezzi speciali guidati dai Navajo. La scelta dell’uno o dell’altro mezzo è molto discrezionale. Il giro guidato ha il pregio di far conoscere al turista anche zone del parco non raggiungibili personalmente, ma i mezzi sono aperti e c’è il rischio che sia una giornata secca con inevitabili indigestione di polvere rossa (la strada è sterrata). Noi abbiamo compiuto il giro con il nostro mezzo. Ci sono varie piazzole dove fermarsi, tutte studiate per le migliori fotografie. Noi abbiamo avuto la fortuna di imbatterci in una giornata non del tutto soleggiata, con qualche nuvolone bianco che faceva da sfondo alle guglie delle rocce rosse del parco. Tutto bellissimo. Ci vogliono dalle due alle tre ore per la visita e, a meno che non vogliate entrare completamente nello spirito del luogo, fermandovi un po’ più a lungo, questo tempo è sufficiente. Oltretutto non ci si può sbagliare: all’ingresso vi viene consegnata la pianta del sito con l’indicazione del tragitto e delle fermate. Se non avete sufficiente quantità di pellicola, non abbiate fretta di scattare o riprendere, vi accorgerete che qualche metro più in là la vista è migliore …. a me è accaduto in continuazione. Rientriamo in albergo per le 19,30 in tempo per darci una lavata e andare a cena. Il ristorante si trova in posizione strategica, e quando il sole inizia a scendere potrete godere di uno spettacolo incredibile: il tramonto del sole dietro le montagne del parco. Preparatevi a scattare decine di foto. Ottima la cena con prezzi ragionevoli.
4 agosto
Partenza alle 8, oggi ci aspetta un viaggio lungo fino al Bryce Canyon. Quasi subito entriamo in
Arizona (lo stesso parco si trova a cavallo dei due stati). La strada corre diritta in un paesaggio desertico e senza un albero. Dopo un po’ di miglia giriamo a destra in direzione di Page. Qui arriviamo molto in fretta (con una media di 70 miglia, cioè 110 km/h, e senza la necessità di fare sorpassi per mancanza di “concorrenti”, si corre molto). Page è una città abbastanza carina, con costruzioni basse e vive grazie al Lake Powell. Il lago è in realtà un Canyon (il Glen Canyon) riempito d’acqua grazie ad una diga che si trova proprio fuori Page (fermata d’obbligo). La zona è così diventata di attrazione turistica notevole. Il traffico, infatti, si è fatto più “intenso”, e sono molte le auto che trainano dei natanti. Noi proseguiamo e dopo il ponte ci ritroviamo in Utah. Dopo una trentina di miglia c’è la deviazione a destra per il Cottonwood Canyon. Si tratta di una strada che conduce al Bryce Canyon facendo risparmiare più di 50 chilometri. Arrivati sul posto decidiamo di non percorrerla: il cartello avvisa che si tratta di una strada non asfaltata, ad una sola corsia e non adatta in caso di pioggia. Il cielo è terso ma decidiamo comunque di proseguire sull’asfalto. Arriviamo quindi alla cittadina di Kanab dove ci fermiamo a mangiare qualcosa. Il sito è molto bello, ed infatti leggiamo che è stato ed è utilizzato per girare film. Proseguiamo verso nord. Incontriamo alcuni paesi come Mount Carme, Orderville e Glendale, molto carini e ciascuno con la sua “attrazione” naturale e non. A Long Valley iniziamo a vedere sulla nostra destra le prime avvisaglie del parco del Bryce Canyon, ma siamo ancora lontani. Finalmente arriviamo alla deviazione verso destra sulla strada n. 12 che ci conduce al parco. Lungo la strada fermata al Red Canyon, bellissimo: il colore della roccia è di un rosso acceso e molte sono le fotografie che abbiamo qui scattato. Altra deviazione a destra verso il parco e ci fermiamo al complesso del Rubys Inn, dove abbiamo prenotato le camere. Sono le tre del pomeriggio e abbiamo fatto 600 chilometri, ma molto tranquilli e non siamo assolutamente stanchi. Il Rubys Inn è un complesso gigantesco: centinaia di camere (ma divise in vari blocchi a due piani), un campeggio, un enorme negozio di souvenir, un rodeo, varie postazioni di servizi turistici e un aeroporto. Alle 19 andiamo a cena al ristorante del complesso che, ovviamente, è gigantesco. Coda all’ingresso, ma veloce. Non si mangia in modo eccezionale. Dopo cena giretto d’obbligo per souvenir.
5 agosto
Alle 8 partiamo con la macchina per il parco (se possibile, partite ancora prima). Non c’è quasi nessuno, sicché incontriamo spesso cervi lungo la strada, scoiattoli sui sentieri e perfino una volpe ad un parcheggio, la quale, del tutto incurante di noi, ci è passata accanto come se nulla fosse! Nel parco ci sono molte piazzole di sosta lungo il Bryce Canyon, e sono da fare tutte: ognuna dà una prospettiva diversa e la vista non è mai uguale. Indossate delle scarpe da passeggiata e gettatevi a capofitto in uno dei sentieri che scendono nel Canyon. Consiglio di fare il Queens Garden e il Navajo Trail (da fare per intero), è bellissimo. Dopo le 10 inizia ad arrivare gente, ma le piazzole sono tanto grandi che non ci si sgomita. La luce del primo mattino, con il passare delle ore cambia e i pinnacoli si “sbiancano”, decidiamo di rientrare alla base, non prima di avere prenotato un tavolo per cena al ristorante del Bryce Canyon Lodge che si trova in posizione strategica nel parco. Avevamo anche tentato di prenotare una stanza dall’Italia ma purtroppo senza successo; sarebbe stato grande poter soggiornare qui. Descrivere il Bryce Canyon è molto difficile: qualsiasi espressione si usi non gli si può fare comunque giustizia. Io credo che sia uno dei più begli spettacoli naturali che abbia mai visto. E credo anche che la meraviglia che noi tutti abbiamo provato sia anche determinata dal fatto che, pur avendo letto resoconti, guide, ecc., non eravamo preparati a … tanto! Comunque i punti migliori, secondo me sono: il Sunset Point (per la discesa al Navajo Trail), l’Inspiration Point, il Bryce Point (da vedere la mattina prestissimo!), poi di corsa fino in fondo al parco al Rainbow Point, e risalendo il Natural Bridge; non è che gli altri siano da meno!!! Siamo quindi rientrati al Rubys Inn, dove abbiamo riposato, letto, guardato la televisione, in attesa di rientrare al parco. Cosa che abbiamo fatto verso le 17. Abbiamo quindi visitato le piazzole di sosta che sapientemente avevamo lasciato fuori dal giro mattutino. In tal modo siamo arrivati verso le 19 al Bryce Canyon Lodge nel momento del tramonto. Non si deve pensare che il sole tramonti davanti a voi, perché invece tramonta alle spalle, ma i colori di cui si accende la roccia (che già è rossa…), sono fantastici. La cena è andata ottimamente: piatti e servizio ottimi. Alle 21, con calma, abbiamo ripreso la macchina per rientrare al nostro albergo. Sulla strada animali vaganti: bisogna guidare con molta prudenza.
6 agosto
Ci alziamo con calma, il tragitto fino allo Zion National Park è breve (82 miglia, circa 130 chilometri). Dopo la East Entrance Station si inizia a godere di un certo spettacolo, belle montagne tra cui si snoda la strada piuttosto stretta. Parecchie fermate per fare fotografie. Arriviamo al tunnel con semaforo. L’attesa è breve (è a senso unico) poi passiamo anche noi. Prima del tunnel si può parcheggiare la macchina ed arrivare fino al Canyon Overlook per dare uno sguardo mozzafiato sul sottostante Canyon. Dopo il tunnel vi sono sei tornanti che ci portano giù giù. Ancora fermate per fotografie. Arriviamo all’incrocio con la strada a destra che porta allo Zion Canyon, meta della nostra “gita” di oggi. La cosa migliore da fare (dato che la strada del Canyon non si può percorrere con il proprio mezzo) è lasciare la macchina al parcheggino lì vicino, portarsi sulla strada, facendo qualche decina di metri fino alla fermata del bus. Ogni sei minuti passa un bus doppio che con estrema lentezza percorre il Canyon. Lungo la strada ci sono varie fermate (le trovate indicate all’interno del bus). Ad ognuna il conducente si ferma ed annuncia il nome del luogo, la gente scende e sale. Si tratta di escursionisti che transitano da un sito all’altro. Ad ogni fermata, infatti, corrisponde una o più passeggiate di facile, media o alta difficoltà (ma secondo gli schemi americani, quindi per noi “alpini” sono tutte facili). Sarebbe opportuno andare fino al Visitor Center per farsi dare una cartina dettagliata con la descrizione delle varie “fermate”. Vi è subito da dire che lo Zion, pur essendo uno dei parchi americani più belli, non è “spettacolare”, magari dopo aver visto l’Arches Park, la Monument Valley, e il Bryce Canyon, ma ciò perché non gli si dedica il tempo necessario, ed anche e soprattutto perché mostra le proprie straordinarie bellezze soltanto se si usano bene e tanto le … scarpe! In ogni caso noi siamo andati fino al fondo della strada che si ferma al Temple of Sinawava. Qui siamo scesi ed abbiamo preso il sentiero che si insinua nella valle. Si tratta di un sentiero in piano (segue il fiume Virgin), largo come un’autostrada e ben battuto. Lungo il sentiero ci sono begli scorci da fotografare e tantissimi scoiattoli questuanti (vietato dare da mangiare!). Si arriva in fondo al sentiero in 20 minuti. Qui gli “intrepidi” si tolgono le scarpe, raccolgono un bastone che la direzione del parco mette a disposizione dei gitanti (!!!) e attraversano il fiume per proseguire una gita un po’ più seria. Se avete tempo proseguite. Noi il tempo non l’avevamo e quindi siamo tor
nati indietro, abbiamo ripreso la macchina e abbiamo guidato fuori del parco in direzione del Nevada. Ma questa è un’altra storia.

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