Sulle alte vette andine dell”estremo nord cileno

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Sulle alte vette andine dell"estremo nord cileno

L”altipiano all”estremo nord del cile offre un ambiente incontaminato che definire fuori dal mondo non è cosa esagerata.

Lasciata Putre si scende all”incrocio che immette alla strada internazionale per La Paz; al chilometro 7 si giunge alle terme di Jurasì, rudimentali stazioni termali all”aria aperta e proseguendo si arriva al bivio di Pacollo, in prossimità della caserma del Reggimento di Fanteria Huamachuco; subito dopo il centro militare, sulla sinistra, ha inizio la strada sterrata che porta ad alta quota.

L”ampia spianata è secca e solcata da una vegetazione bassa e cespugliosa, mentre in lontananza si intravedono le imponenti vette innevate,seminascoste da nubi dense e bianche.
La strada sale dolcemente e il clima e la vegetazione mutano: l”aria si fa gelida e umida ed ora agli ispidi cespugli si sostituisce la llareta, un arbusto centenario di colore verde chiaro molto intenso, che riveste le grosse pietre andine.
Siamo al valico e l”altimetro indica 5.250 m.s.l.m.; cominciano ad intravedersi “los payachatas”, ossia i vulcani gemelli Pomerape e Parinacota, carichi di neve.
All”improvviso la strada comincia a scendere e ci si ritrova sul crinale di un profondo e variopinto canyon; l”ambiente si fa nuovamente secco e brullo; scesi al fondo del canalone occorre guadare un torrente che per l”occasione si mostra placido, mentre sulle ruvide pareti rocciose saltella giocosamente una agile viscaccia.
Si arriva così a Coronel Alcèrreca, villaggio situato a 2.985 m.s.l.m. che conta 70 abitanti. Così recita un cartello all”entrata del paese, che poi proprio paese non è, dal momento che consta di alcune abitazioni collocate nei pressi dei binari della ferrovia che conduce a Visviri, al confine con la Bolivia. A lato del cartello vi è l”insegna dei Carabineros (due fucili bianchi incrociati su sfondo verde scuro) segno della presenza dell”onorato corpo militare cileno.
Qui sono di stanza tre giovani sottufficiali provenienti dal centro del paese, con le rispettive famiglie. Ci mostrano la propria autosufficienza non nascondendo il desiderio di ritornare a casa per le festività natalizie.
Seguendo i binari si giunge ad un nuovo borgo, questa volta ancor più ramingo: siamo arrivati a Villa Industrial, ove ancora giace il resto di una locomotiva che trasportava lo zolfo estratto dalle pendici del prospicente vulcano Tacora, mentre un”altra littorina è custodita in un casotto di lamiera situato poco distante.
L”imponente Tacora si mostra coperto da una fitta coltre di nubi e solo alle prime ore dell”alba è possibile ammirarne la quasi perfetta forma conica. Per raggiungere le falde del vulcano è necessario seguire uno stretto sentiero sterrato ai cui lati si incontrano degli appezzamenti di terra recintati da reti metalliche su cui sono appesi cartelli che indicano la dicitura “campo minato”.
Siamo, infatti, in zona di frontiera con il Perù ed i confini di Stato qui non sono affatto delimitati; proseguiamo senza indugiare, ma prestando attenzione in quanto per non sconfinare, come ci hanno segnalato i Carabineros della zona, a un certo punto occorre abbandonare la sterrata ed entrare in un canalone per qualche centinaio di metri e da lì ritornare su un nuovo sentiero che giunge in una spianata ad alta quota.
In tale vallo altipianico vive un nucleo stanziale Aymara dedito alla pastorizia. Il capo famiglia, un simpatico ragazzo di nome Fortunato, ci accoglie amabilmente indicandoci orgogliosamente e con estrema naturalezza, la bellezza dell”ambiente in cui vive. Ci illustra, inoltre, con precisione di dettagli, il percorso da seguire per giungere alla nostra meta: l”austero vulcano Tacora, che mai sino ad ora ha cessato di mostrarsi in lontananza.
La strada si fa tortuosa, malandata e in ripida ascesa; si arriva così, alla fabbrica abbandonata di produzione di zolfo, proprio alle falde del vulcano. Di proprietà della famiglia Alessandri, dinastia che diede anche due presidenti della Repubblica al Paese, si dice che fosse un modello di efficienza.
La casa dei gestori, benchè abbandonata e in rovina, attesta al suo interno il pregio di rifiniture di qualità e la presenza di un impianto elettrico di riscaldamento dell”aria e dell”acqua all”avanguardia per i tempi in cui funzionava (primi decenni del secolo 1900).
Nel magazzino sono ancora conservati i documenti relativi al personale di quanto l”insediamento industriale cessò di funzionare (fine anni “50). Dall”abitazione si vede in lontananza lo stabilimento, poggiato su una coltre bianco giallognola di residui di lavorazione, da cui si staglia un”alta ciminiera.
Per giungere alla fabbrica occorre costeggiare i nuclei abitativi ove risiedevano gli operai, le officine meccaniche e la rudimentale pompa del distributore di carburante.
Attraversa l”insediamento un rigagnolo proveniente dalle quote più alte del vulcano. Questo mite corso d”acqua calda sulfurea è stato convogliato all”interno di un casotto di pietra a formare, così, un rudimentale stabilimento termale per il sollievo degli operai. All”interno si trova una vasca rettangolare di tre metri per tre, ove entra l”acqua calda. E” sufficiente posizionare al punto di scarico della vasca una delle sfere di metallo utilizzate per la macinazione dello zolfo, che in poco meno di mezz”ora ci si è procurati un bagno termale unico al mondo.
L”interno della fabbrica è un complesso di ingranaggi, tappeti a scorrimento, leve e depositi di materiale grezzo il tutto sorretto da imponenti travi di legno che non risentono affatto del tempo trascorso.
Ritemprati nel corpo e nello spirito, si riparte alla volta di Visviri; il territorio sostanzialmente piano fornisce la possibilità di ammirare un panorama grandioso.
Visviri si trova all”estremo nord del paese, a poche centinaia di metri dal confine con la Bolivia. La cittadina è ordinata e ben organizata. La municipalità, costituita da uomini e donne provenienti da Arica che nei fine settimana ritornano alla città natale, è estremamente operosa e portatrice di progetti sociali meritevoli di nota.
Per esempio, la piazza principale del paese è stata riordinata coinvolgendo la popolazione sia nella fase di progettazione che in quella di realizzazione; il risultato è sorprendentemente bello.
Per entrare in Bolivia occorre attraversare una striscia di “terra di nessuno”. Al di là si trova Chara?le cui strade sporche e malandate attestano in maniera emblematica la realtà opposta rispetto a Visviri.
Rientrati in Cile, si ritorna a marcare sentieri polverosi e sconnessi, costeggiando montagne spaccate dalla colorazione sorprendente.
Si giunge, così, a Cosapilla, che appare come una città abbandonata. La presenza di scuole ed altri edifici in buono stato di conservazione, oltre al nome della cittadina composto con pietre bianche all”entrata del paese, testimoniano che l”abbandono del borgo è solamente momentaneo e dovuto alle festività natalizie, che la gente del posto preferisce trascorrere al caldo sole di Arica.
Attraversata la impronunciabile Chusjlluta, si torna a salire e si attraversa una zona acquitrinosa che conduce a Caquena, piccolo borgo immerso fra prati verdi dove si affacciano imperiosamente i vulcani gemelli.
E” possibile visitare un mite quanto bel cimitero di montagna, nonchè un vecchio rifugio abbandonato che, rimesso a nuovo, sarebbe uno chalet a cinque stelle. In zona vi sono torrenti ricchi di trote di m
ontagna e laghi abitati da fenicotteri rosa.
Tornando verso est, si arriva a Parinacota, città Aymara che conserva una splendida chiesa coloniale in pietra colorata di bianco; in loco un mercato indigeno per turisti che espone artigianato orafo, in legno, e splendidi maglioni, sciarpe e cappelli in lana di alpaca.
Lasciando Parinacota si segue il sinuoso sentiero che conduce alla zona paludosa, ove pascolano placidamente lama e alpaca. Tali paludi hanno un grande fascino: sono acque di color verde smeraldo, le quali si sono formate in seguito ad eruzioni vulcaniche; queste acque, grazie ad una serie di collegamenti sotterranei, vanno dal lago Chungarà alle lagune di Cotacotani, sino alle paludi di Parinacota, dove nasce il fiume Lauca.
Un”opera pubblica degli anni “60 ha deviato le acque sorgive del fiume Lauca in un canale sotterraneo sino alla centrale idroelettrica di Chapiqui?per poi immettersi nel fiume San Josè che scende ad irrigare la valle agricola di Azapa, a sud di Arica, compromettendo il naturale equilibrio geologico e faunistico della zona.
Rimane la bellezza del lago Chungarà, circondato dalle cime innevate del Parinacota, del Sajama e del Quisiquisini.
Proseguendo verso sud si giunge dapprima a Chucuyo, ove ha sede il controllo obbligatorio frontaliero e poi a Guallatire, ai piedi dell”omonimo vulcano, l”unico attivo della regione, poi al Salar de Surire ed, infine, a Colchane.

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